American made: storie, canzoni e immagini dagli States

San Francisco, California. Foto di Jacopo Rimedio.
Leggendo "Strade blu" di William Least Heat-Moon, con l'ingresso dell'autore in Kentucky, terra del bluegrass, tra storie di proibizionismo e distillerie clandestine, pensavo a cosa alimenti la mia attrazione per gli States, quali aspetti di questa sterminata nazione suscitino in me un tale fascino. 

Con spirito di analisi potrei dire che tutto ha avuto inizio in tenerà età, quando tra gli scaffali della libreria di casa ho scoperto "Le Fiabe americane" di Walt Disney e, più in là, i racconti di Mark Twain. Tra John Semedimela e Huckelberry Finn deve aver preso piede la passione per le terre dello zio Tom. Così tanto che oggi, a distanza di anni, considero un capolavoro "La Ballata di Buster Scruggs" dei fratelli Coen, insieme di leggende su audaci pionieri, cercatori d'oro e apolidi affidati a giustizia sommaria (scena suggestiva, sul tema, si trova anche in un western poco noto con Audrey Hepburn, "Gli Inesorabili" ).
Veterans Memorial Highway, California.
 Foto di Jacopo Rimedio. 

Trovo che in queste storie, con lontani echi nei romanzi di Steinbeck, ci sia una rappresentazione schietta della natura umana occidentale, del modo in cui impatta con terre desolate ricostruendosi da capo con le sue grandezze e le sue storture

La passione per la tradizione country/folk è l'altra responsabile. L'indottrinamento musicale dei miei è stato decisivo: il North Carolina di James Taylor, la "Ventura Highwaydegli America, la secessione e la disfatta del vecchio Dixie in versione The Band, le springstiniane strade di Philadelphia  (crescendo ho scoperto che il Boss è del New Jersey, ma la canzone da Oscar resta tra le più ascoltate dell'infanzia).
Così, mentre con la penna cercavo rovinosamente di riavvolgere il nastro delle cassette, iniziavo ad affezionarmi ad un genere che ancora oggi domina le mie playlist, legandomi ai luoghi della sua creazione: da Nashville e il Tennessee, alla Chicago dei Wilco, passando per Tucson e il tex-mex dei Calexico; e ancora, il blues e la New Orleans di "A love song for Bobby Long", con il delta del Mississippi a cullare anime fragili.

Ci sono, poi, alcuni aspetti della cultura americana, più che altro dettagli, che suscitano in me quella forma di affetto che solitamente si nutre per le cose familiari. Le tavole calde, ad esempio, con quel carattere routinario che aiuta a cogliere l'intimità dei dialoghi tra i divanetti in pelle. Tra le mie preferite quella in cui l'aspirante miss viene tentata alle calorie nel film "Little Miss Sunshine", o quella delle gesta di Pumpkin e Honey Bunny in Pulp Fiction.

A pari merito c'è il pendant notturno: i bar. Il bancone in legno che accoglie chi cerca conforto nell'alcool, con sguardo diviso tra il bicchiere e l'interlocutore (di solito intento a servire). Patterson di Jim Jarmusch ha una scena calzante, ma, per una versione più movimentata della serata, c'è anche Tre Manifesti ad Ebbing, Missouri.  
Malibù, California. Foto di Jacopo Rimedio 
Impossibile non pensare, poi, alle insegne dei Motel (iconica quella del Bates Motel di Psicho) o ai particolari di alcune abitazioni. I porticati, ad esempio, con corredo di sedia a dondolo, banjo e distillati locali.
Lee Vining, California. Foto di Jacopo Rimedio
Restando al filone edifici c'è un dettaglio che trovo difficile spiegare, ma che è una costante del mio immaginario: nelle città di provincia, o nelle grandi metropoli, c'è sempre qualche squadrato edificio, o recinzione, che di solito vede il protagonista di film e video musicali passeggiare davanti indifferente, concentrato sul percorso. Ad esempio, in "That's How I Got to Memphis"; oppure in "When I get my hands on you"; o ancora in "Waiting on the world to change" di John Mayer (tra Manhattan sullo sfondo e graffitari in azione, minuto 3:01- 3:02)


Infine, trovo che sia commovente l'aspetto corale di alcune realtà di provincia, con personaggi che in Italia vedrebbero il corrispettivo nelle commedie toscane. Stessi sogni, sfotto' e malinconia di sottofondo, ma imprecazioni  meno musicali. Il pensiero va a Nebraska, viaggio in bianco e nero alla ricerca del riscatto di una vita, in bilico tra amarezza e ironia, con improbabili parenti e aneddoti esilaranti. 

Probabilmente sarà proprio il fascino per questi dettagli a far sì che dell'immensa New York, oltre al freddo epocale, ho impresso il ricordo di alcuni scorci di Williamsburg: record stores, negozi dell'usato e piccoli birrifici. Uno scorrere lento della quotidianità, in una realtà quasi provinciale - eppure lo Skyline è lì, sullo sfondo - che può riassumersi nel caloroso "Good luck for the cold", gridato (sì, proprio gridato) dalla proprietaria di una caffetteria mentre la porta si chiudeva.

Tornando a "Strade blu", non so di preciso quale sarà l'itinerario di viaggio che seguirà l'autore, di sicuro mi aspetto ancora parecchia provincia, un po' di polvere andando verso ovest e curiosi aneddoti sui personaggi incontrati nelle varie soste. In attesa che mi consenta di scoprire altro sugli States, alimentando, probabilmente, il novero delle mete ambite, ringrazio l'amico che l'ha scelto (azzeccandoci) come regalo. 

Martina Bassotti



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