Tu l'hai detto - Una storia d'amore

All’inizio del lockdown sono partita con una serie di buoni propositi:
  1. leggere, tanto;
  2. cucinare ricette che normalmente non avrei avuto il tempo di fare;
  3. recuperare qualche film e serie TV che avevo accantonato;
  4. parlare di più con alcune persone con le quali nella quotidianità non mi ritaglio mai il tempo per farlo;
  5. pulire casa da cima a fondo;
  6. ricominciare il lavoro a maglia che ho lì da troppo tempo ormai;
  7. imparare a suonare il basso;
  8. riprendere con Les Mademoiselles.

Indovinate quante cose sono riuscita finora a concludere? La 3 e la 8.
Il resto è rimasto sospeso, come se non avessi le energie, la voglia e la concentrazione per portarle a termine.

Pochi giorni prima che ci fosse imposto il confinamento, però, la mia cara amica Sara mi disse: “Ho letto un libro che ho trovato veramente bello, credo che ti piacerebbe. Se vuoi te lo presto.”. Fu così che mi ritrovai tra le mani “Tu l’hai detto” (Connie Palmen per Iperborea) con un suo avvertimento: “l’ho letto praticamente tutto d’un fiato, anche se verso la fine mi ha rattristata enormemente.”.
Il mio animo crepuscolare è piuttosto notorio, per cui ho accettato volentieri l’offerta.
Per un motivo, o per l’altro (vedi sopra), ne ho procrastinato la lettura, ma non appena mi ci sono immersa e mi sono ritagliata il tempo da dedicarci ci sono cascata a piè pari.

Si tratta del racconto di vita, d’amore, di psicosi e di morte di Ted Hughes e Sylvia Plath (antesignano punto di riferimento della cultura femminista)*, una delle coppie più note della storia letteraria del Novecento.

Non sono un'ombra, anche se un'ombra si diparte da me. Sono una moglie.

Esisterà qualche altra strada oltre a quella della mente?
Sylvia Plath
 “E i tuoi occhi strizzati nel viso, succo di diamanti, incredibilmente luminosi, come succo di lacrime che potevano essere lacrime di gioia, spremuta di gioia.
Volevo strabiliarmi con il tuo brio.”
Ted Hughes

"Spoiler": lei morì suicida a 30 anni nel 1963. Dopo tanti anni morì anche lui, ma di cause naturali. Dal '63 in poi, però, la sua vita fu indelebilmente segnata dal senso di colpa, dalle speculazioni e mitizzazioni sulla “fragile martire e il suo brutale carnefice”, dal suo silenzio sulla morte di lei.

La Palmen, per la prima volta, dà voce alla versione dei fatti di Hughes. E, non è facile vedere e confrontarsi con un’altra faccia della medaglia fatta di demoni inaffrontabili, di un complesso edipico mai soddisfatto e di un lato oscuro che, nonostante gli sforzi di lui, non è stato possibile rischiarare.

Un libro scritto benissimo, dalla piacevole scorrevolezza, che porta il lettore a immergersi negli anni ‘50/’60 e lo trascina all’interno di un’intimità di coppia, da troppo tempo ormai violata ed esposta alla mercé di tutti. Ingiustamente.

Federica Farassini


*Sylvia è considerata un simbolo per il movimento femminista, principalmente a seguito della pubblicazione del romanzo semi-autobiografico, pubblicato un mese prima del suo suicidio e che la portò alla ribalta: “La campana di vetro” (The Bell Jar). La protagonista, “Esther è perennemente divisa tra il sé interiore, tormentato e inquieto, e quello che la società si aspetta da lei: che sia una donna in carriera, ma che sia anche una moglie e madre perfetta; che sia bella e intelligente, che sia contemporaneamente santa e puttana.” “Con quasi vent’anni di anticipo rispetto al femminismo più istituzionale, Sylvia Plath anticipò la liberazione sessuale. E il suo unico romanzo, 56 anni dopo la sua pubblicazione, continua a essere il miglior libro mai scritto su cosa significhi essere una ragazza di vent’anni." (estratti dall’analisi di The Vision, di cui vi consiglio la lettura).

Commenti