Intervista a Luca Vecchi: l'artista oltre i The Pills

Luca Vecchi, sceneggiatore regista e attore romano, noto membro del collettivo The Pills, è tra i protagonisti della nuova comicità capitolina e della sua riscoperta “supremazia” nel Bel Paese. L’irriverenza del personaggio, la versatilità e l'originalità accostata alla capacità di “arrivare a tutti” mi hanno spinta a sceglierlo per una chiacchierata su cinema, serie tv e giovani promesse. Lui, distratto da un aperitivo estivo, non si è tirato indietro. 


Luca, ci siamo conosciuti durante la festa “Ten years of fear” al Lanificio. In quell’occasione mio fratello ti ha presentato come “Luca dei The Pills”. La prima domanda è ovvia: quanto c’è di te in questo personaggio e quanto il personaggio dei The Pills ti ha influenzato nella vita?
Spesso vengo fermato e non ho neanche il beneficio di un nome. Sono solo “quello dei The Pills”. Quindi direi che come primo approccio, con voi, m’è andata anche fin troppo bene! Per quanto riguarda il nostro operato su YouTube dal 2011, provavamo l’incontenibile necessità di realizzare degli sketches ma non avevamo né contatti con attori, né la capacità di fare un lavoro su di loro, né tantomeno i soldi per pagarli. Quindi, per accorciare i tempi e i costi, abbiamo deciso di cimentarci in prima persona e non avendo competenze neanche in quell’ambito abbiamo fatto di necessità virtù mettendoci in gioco. Abbiamo “buttato” le battute, come si dice in gergo.  Quindi credo ci sia molto della nostra personalità; almeno nei primi video. Eravamo noi, ecco.


Potremmo citare molti dei tuoi film come regista, interprete, sceneggiatore, oltre al copioso numero di spot e partecipazioni a programmi televisivi. C'è stato un evento che più degli altri leghi alla scelta di seguire questa strada o “quello che volevi fare da grande” è una consapevolezza che hai maturato nel tempo? 
Da quel punto di vista sono ancora alla ricerca di un’identità ben precisa. E’ sicuramente bello sperimentare e calarsi in panni che ti stringono o che sono troppo larghi. Per vedere come reagisce il corpo o magari per far emergere aspetti di te che non consideravi nemmeno. Spesso mi faccio violenza; mettersi in difficoltà credo sia il miglior modo per crescere.


Tra le cose che hai visto durante il confinamento che cosa ti è rimasto più impresso? Ricordo che hai svoltato le mie serate consigliandomi The Midnight Gospel. C’è altro che dovremmo scoprire?
Midnight Gospel è sicuramente uno degli esperimenti più interessanti in cui sono incappato negli ultimi tempi: dei podcast che divagano su vita, morte, religione, filosofia e massimi sistemi; il tutto illustrato e animato dai creatori di Adventure Time. L’ultima puntata che fa il giornalista, con la madre che sta per morire di cancro, mi ha distrutto il cuore, ma è riuscita ad infondermi anche una grande calma e un pizzico di speranza. Riesce a farti intravedere un masterplan; un disegno più grande. Una visione d’insieme.
Mi piace guardare cose che mi turbano e che mi sconvolgono nel profondo… ma sono diventato pigro e durante la visione spesso me ne pento. Però se arrivo alla fine poi... sono contento. E’ come superare un trauma della vita. Uscire dalla propria comfort-zone. Si ritorna al discorso della violenza auto-inferta con la finalità di una crescita immediata, improvvisa e inaspettata. Da poco ho recuperato Holy Motors. Ve lo consiglio. Sono la mia cavia preferita. Un po’ mi odio. Ma poi mi apprezzo.

Secondo te, come e da chi è fatta la comicità italiana di oggi? Ci sono nuove correnti promosse da Stand Up Comedianemergenti (che apprezzi)?  
Mi piacciono molto Edoardo Ferrario, Luca Ravenna e Stefano Raponi. Ma il mio comico preferito, quello che ti sprona a prendere in considerazione aspetti nascosti e morbosi dell’animo umano, è Luis Ck.

Dopo una fotografia del presente, vuoi dirci dove pensi stia andando la comicità italiana? 
Difficile fare comicità oggigiorno. C’è sempre qualcuno che si offende e che ti scatena contro un’associazione. Credo che prendere in giro uno stereotipo, ribaltarlo o cercare di distruggerlo serva anche a farci un esame di coscienza. E poi, come si suol dire a Roma, “chi s’offende paga da bere”. Ora non dico che dobbiamo essere tutti Montanini. Però essere autoironici presuppone anche un certo tipo di intelligenza e sportività di interazione relazionale. Prendersela non serve a niente. E’ un atteggiamento sterile.

Tra web series, tv e cinema, hai trovato il tempo per coltivare interessi che arricchiscono il tuo profilo artistico e personale. Penso, avendo partecipato, all’esposizione fotografica Okaa Sama – Onorevole madre, originale celebrazione della maternità legata all’iconografia samurai. Un bisogno di evasione, o una porta aperta per diverse carriere?
Era un’idea che tornava a tormentarmi da anni e per esorcizzarla ho cercato di realizzarla. Un po’ come tutte le idee che ti vengono… se superano il trascorrere degli anni vuol dire che in qualche modo ci credi e che devi fare di tutto per concretizzarle. Chiedono giustizia e dignità e, come realizzatore, probabilmente, ne hai il dovere e l’obbligo morale. E’ stata una bella esperienza. Costosa, ma bella. Una diapositiva di un periodo della mia vita. Quando ho visto una mia cara amica (Maria Sole), che ha contributo come musa ispiratrice del progetto, piangere per la commozione davanti al suo ritratto di madre guerriera... credo sia stata una delle ricompense più grandi.




Mi è piaciuto lo spot che hai fatto per IKEA in cui per aver sbagliato a montare un mobile che poi hai lasciato in mezzo alla strada sei diventato uno Street Artist. Qual è il tuo approccio all’arte contemporanea (in tutte le sue forme, incluse quelle opere di fronte alle quali molti dicono: - il mio falegname, con trentamila lire, lo sapeva fare meglio)?
Mi interessa molto e vorrei viaggiare altrettanto  per comprenderne e fruirne di più. Poi è arrivato il lockdown… 

Sei un artista pieno di interessi, eclettico e poliedrico. Hai un progetto sul quale ti piacerebbe lavorare e che puoi spoilerare in questa sede? 
Ne ho molti. Ora sto disegnando un fumetto e sto scrivendo un libro. Sono pratiche che richiedono tempo, ma non tanti soldi e manodopera. Quindi le posso portare avanti artigianalmente. Sono anche pratiche più riflessive e mi aiutano nella ricerca della calma e di nuovi aspetti della mia personalità. E’ terapeutico. Ve lo consiglio.


In attesa di leggere il tuo libro e il tuo fumetto ti ringrazio!


Laura Sansone

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