LA MUSICA NEL SUD-EST RURALE: L'HILLBILLY APPALACHIANO.
Per chi, come me, non fosse mai stanco di approfondire la conoscenza del folklore americano, c'è un nuovo post di Marta, sempre di alto spessore, che apre una finestra sulla storia del sud-est rurale e della old time music. Che l'hillbilly sia con voi!
La radio, finalmente giunta nelle piccole comunità appalachiane, soprattutto quelle più isolate, fece sì che i veri hillbillies, rimasti solidamente nelle loro modeste case di legno, scoprirono che la loro musica veniva etichettata nel resto degli Stati Uniti, proprio come Hillbilly Music.
“How can you keep on moving, unless you migrate too?
L'etnomusicologo
Alan Lomax così definì la famiglia di Jean Ritchie:
“Erano persone tranquille e premurose, che si tramandavano ballate, le famiglie erano numerose ed educavano rigidamente i loro figli. La nonna di Jean era stata una delle prime motrici della Chiesa Battista e da lei provenivano tutte le melodie tradizionali degli inni. Lo zio Jason era un avvocato, che ricordava le grandi ballate come Lord Barnard. Il padre di Jean insegnò a scuola, stampò un giornale, coltivò la terra e così mandò dieci dei suoi quattordici figli al college.”
“I
hear America singing, the varied carols I hear,
Those of mechanics, each one singing
his as it should be blithe and strong,
The
mason singing his as he makes ready for work, or leaves off work,
[...]The
delicious singing of the mother, or of the young wife at work, or of the girl
sewing or washing,
Each
singing what belongs to him or her and to none else,
The
day what belongs to the day—at night the party of young fellows, robust,
friendly,
Singing
with open mouths their strong melodious songs.”
(Walt Whitman)
Entrando in un
negozio di vinili, mi è stato consigliato l'ascolto dell'album di Moon Mullican“Sings His All-Time Greatest Hits”, del 1955; è così che ho avuto il mio primo
approccio musicale con il “King Of The Hillbilly Piano Players” , il
pianista originario del Texas, uno dei più grandi nella storia della musica
country, che ispirò Jerry Lee Lewis nel suo modo di cantare e suonare. Dopo
averlo acquistato, adorato in particolar modo la sua “Foggy River” , ed
aver fatto delle piccole ricerche su questo artista da noi poco conosciuto, ciò
che ha catturato la mia attenzione è stato proprio il termine hillbilly. Come
ricorda il Prof. Alessandro Portelli nella prefazione che scrisse per“Old-Time,
Hard Times”, di De Simone, lo stesso Lewis cantava che il rock è “hillbilly
music come to town”, ovvero la musica dei montanari e dei campagnoli
arrivata anche in città. Se si cerca la definizione esatta di hillbilly,
ciò che emerge è un passato intriso di stereotipi propri dell'America bianca,
che assunsero una categorizzazione definitiva dopo la Grande Depressione del
1929, periodo in cui molti abitanti del Sud-Est degli Appalachi si spostarono
verso le grandi città industriali del Midwest, in cerca di fortuna. Le
emigrazioni ebbero come conseguenza la diffusione della musica country presso
le popolazioni rurali ed urbane, del Tennessee, Texas, Oklahoma e California.
Prima che “country” venisse applicato anche alla musica di quell'area
appalachiana, veniva usato il termine “hillbilly”.
“Noi ci chiamiamo
hillbillies, è un nome che non è un marchio, un nome che spetta a chiunque sia
nato sulle colline. Per generazioni, le montagne ci hanno tenuti isolati [...]”
Per comprendere
però al meglio la nascita e l'evoluzione della musica rurale del Sud-Est degli
antichissimi Monti Appalachi, non posso che iniziare dalle origini, cercando di
evidenziarne brevemente gli sviluppi più rilevanti.
Nel corso del
Settecento, la colonizzazione degli Scotch-Irish giunse fino all'area dei Southern
Appalachians, tra Pennsylvania, Virginia, North e South Carolina, Kentucky.
Fino al Trattato di Parigi del 1783, quando la Francia cedette agli Stati Uniti
la valle del Mississippi, la regione degli Appalachi venne considerata di
frontiera; è proprio lì che nacque quell'idea di uguaglianza e di giustizia,
senza discriminazioni sociali, ancora assai vive e sentite nel Vecchio Mondo.
Il bianco povero (hillbilly), il contadino ed allevatore protestante
scoto-irlandese, divenuto americano, che contribuì enormemente all'espansione
ed alla costruzione degli Stati Uniti, scelse una vita libera, un isolamento
secolare nelle vallate e nei boschi appalachiani, portando con sé una musica
rurale ancora legata alla tradizione orale anglo-scoto-irlandese.
L'etnomusicologo inglese Cecil Sharp, percorse la regione appalachiana tra il
1916 ed il 1918, cercando tra le piccole comunità formatesi nel tempo nelle
montagne del Kentucky, Tennessee, Virginia e North Carolina, tracce delle
antiche ballate, jigs, play-party games, quasi del tutto scomparse in
Europa. Fu il primo a raccogliere il suo lavoro di ricerca sul campo,
pubblicando “English folk-songs from the Southern Appalachians”, riprendendo
la monumentale opera di Child “The English and Scottish Popular Ballads” (1882-1898).
Sharp notò che non vi era un accompagnamento strumentale nell'esecuzione delle
radicate ballads, se si esclude l'uso del dulcimer in alcune zone circoscritte,
poiché avrebbe potuto distogliere l'attenzione dal testo: l'imprescindibile
rapporto tra interpretazione e testo era il fulcro della ballata popolare, il
cui intento era quello di raccontare un evento socialmente rilevante, una
tragedia d'amore, una morte familiare, un omicidio. L'isolamento e la scarsa
industrializzazione delle zone del Sud-Est, fecero sì che gli abitanti delle
montagne e delle pianure circostanti, rimanessero anche culturalmente separati
dal resto degli Stati Uniti. La musica rimase, dunque, profondamente simile a
quella dei Paesi di origine, ma vennero apportate delle modifiche: il colono
anglo-scoto-irlandese fece una cernita delle ballate tradizionali, in base ai
nuovi usi e costumi della frontiera, ma anche a causa del rigido puritanesimo.
Molti brani che contenevano elementi fantastici, leggendari, mitologici,
vennero esclusi. Le Child Ballads più diffuse sugli Appalachi agli inizi del
'900, che Sharp studiò e raccolse, differiscono spesso dai testi delle versioni
angloscozzesi, come ad esempio “Lord Thomas and Fair Annet”, nota in
America come “Lord Thomas and Fair Ellender”. Fino alle prime registrazioni
di musica rurale appalachiana degli anni Venti del XX secolo, la musica vocale
eseguita era costituita principalmente, oltre che dalle ballate, da inni
religiosi, a testimonianza dell'atteggiamento conservatore di quelle
popolazioni del Sud-Est. Le famiglie numerose, di stampo patriarcale, si
riunivano attorno al focolare domestico, in Chiesa; danzavano sull'aia e nel
granaio e cantavano la vita semplice, tramandata di generazione in generazione,
dedita al duro lavoro, non per accumulare ricchezza, ma per
assicurarsi solamente il proprio mantenimento. Vi era una forte
solidarietà sociale tra le varie comunità, vicine ma mal collegate, separate
spesso solo da una collina boscosa, che poteva comportare una varietà
differente di abitudini. Ciò che le accomunava, però, era sicuramente il
rifiuto del capitalismo e della modernità, di una politica governativa
autoritaria, che temevano potessero allontanarle dalla solidità dei rapporti tra individui,
faticosamente mantenuta per tutto il corso del XIX secolo, e dalle tradizioni
del passato.
“Sometimes it
seemed that work was the only certainty , the only lasting truth in a human
world of fitful change. Work and the mountains remained”.
(Così scrisse
Wilma Dykeman, in uno dei suoi saggi sulla vita e la gente degli Appalachi).
Fino alla metà del
XIX secolo, gli unici strumenti musicali utilizzati nei Southern Appalachians
erano il fiddle ed il dulcimer. Sharp parlò della musica per fiddle come della
sola musica strumentale eseguita nell'area, ma bisogna sottolineare che la sua
ricerca si limitò alle zone più interne ed isolate, il cuore delle ballate
anglo-scoto-irlandesi. A cavallo tra '800 e '900, cominciarono a nascere e
svilupparsi le string bands e gli Appalachi ne divennero la culla: composte maggiormente
da banjo e fiddle, di chiara derivazione Blackface e Minstrel, il sound subì
contaminazioni con la musica degli afroamericani e, inevitabilmente, con
la popular music anglo-scoto-irlandese.
Il banjo, che forniva la giusta base ritmica, dunque, passò dagli
afroamericani, ai Minstrels, agli hillbillies; il fiddle, di origine europea,
veniva usato, oltre che come accompagnamento di balli rurali, anche per il
canto e per eseguire fiddle-tunes. Il duo banjo-fiddle rimase
rigorosamente modale fino all'introduzione, nelle Southern Mountains, della
chitarra, che produsse una decisiva innovazione nelle mountain songs: progressivo
abbandono della musica modale, stili tecnici come il finger-picking. Le
string bands, inoltre, si diversificarono, anche a causa dell'aggiunta del
mandolino, autoharp, ukulele ed, ovviamente, del dulcimer appalachiano.
La musica restò
legata a quella inglese, sia nella struttura, che nel linguaggio, le ballate
tradizionali rappresentavano, inoltre, una continuità con il passato. Ma negli
anni Venti del XX secolo qualcosa iniziò a cambiare: con il boom della radio e
delle registrazioni, la musica degli Appalachi cominciò a circolare e ad
evolversi verso fenomeni più commerciali. Molti giovani hillbillies trapiantati
in città, catapultati nella piena urbanizzazione, tra gli anni Venti e Trenta,
avvertirono la nostalgia e la solitudine degli old times, che divennero
temi usuali nelle canzoni di campagna. L'interesse discografico e radiofonico
per la musica rurale del Sud, portò ad una seria riscoperta e ad una diffusione che fece crescere
positivamente il panorama musicale della country music. La “Victor” di New York
fu la prima etichetta a registrare degli autentici musicisti hillbilly,
in particolare, nel 1922, esordì il duo di Henry Gilliland, proveniente dalla
Virginia, e A.C. Robertson, dal Texas, con “Arkansas Traveller” , “Turkey
In The Straw” e “Sally Goodin'”. Finalmente la country music trovava
il successo tra i suoi ascoltatori che, con malinconia, ricordavano i good
times, e che volevano riscoprire l'old-time feeling. Se inizialmente
le registrazioni discografiche erano destinate ai solisti di fiddle e cantanti,
l'attenzione si spostò, nel pieno degli anni Venti, anche verso le string
bands, spesso formate da componenti della stessa famiglia, che rassicuravano il
pubblico con le immagini di calore ed unità familiare. Il punto di partenza
dell'industria hillbilly , comunque, fu il 1925, con lo straordinario
numero di copie vendute del disco di Fiddlin' John Carson: da lì ci fu
un'autentica esplosione che aprì il mercato americano alla musica appalachiana,
cosa che però rischiò di falsarne alcuni aspetti. Innanzitutto, il materiale
stampato all'epoca, venne catalogato con nomi mascherati, per renderli più
appetibili al pubblico, come “songs of the hill and plains”; poi,
essendo ormai in atto la corsa alla popolarità, qualsiasi musicista bianco del
Sud venne ingaggiato, senza far caso alla genuinità del prodotto ed alla reale
e profonda conoscenza delle vecchie canzoni. Fu proprio nel 1925 che vennero
coniati i termini Old-Time Music e Hill-Billy per indicare la country music del
Sud-Est, da parte delle case discografiche, quando una band si presentò così: “Non
siamo altro che un gruppo di hillbillies della Virginia e del North Carolina”. La
commercializzazione, dunque, se da una parte diede modo, di emergere ed
espandersi, dall'altra depauperò la Old-Time Music, manipolandola e rendendola
meramente modaiola, senza enfasi e sentimento, limitandola spesso alla sola
chitarra.
Negli anni Trenta,
fu proprio nell'area degli Appalachi che si delineò la Old-Time Music, che
riproduceva lo stile delle string bands degli anni Venti (rimaste a loro volta
fedeli in parte alla musica da ballo, come reels e breakdowns) , e
quella che sfociò, successivamente con Bill Monroe, nel Bluegrass. Anche
le voci e le armonie risentirono dei desideri del pubblico, rimase la mountain
harmony e la tipica impostazione alta e nasale. Tra le string bands più
famose e di maggior popolarità radiofonica presso le emittenti locali
appalachiane, devo citare i “Crazy Mountaineers”. Band di pre-bluegrass
iniziarono, nel frattempo, a dominare la Opry dei primi anni: i “Ramblers” di
Charlie Poole suonavano una “Mountain Music” molto vicina a quella che
diventerà propria del Bluegrass negli anni Quaranta. Il gruppo che
rappresentò, invece, la transizione dalla Old-Time Music al Bluegrass, fu
quello di J.E.Mainer, con un repertorio costituito da hoedowns, dal
ritmo serrato. Il banjo non era più uno strumento di mero accompagnamento:
venne elaborato lo stile three-fingers, che esplose grazie ad Earl
Scruggs. Inoltre, nacquero anche vari duo di fratelli con mandolino e chitarra, rendendo il primo uno
strumento fondamentale, vocalmente
caratterizzati da armonie della church music, come i fratelli
Monroe ed il loro contributo nell'evoluzione della Mountain Music. Bill ed Earl
Bolick (del North Carolina), invece, proseguirono da hillbilly conservatori
della Old-Time Music, fino al 1951, descrivendo situazioni rurali pervase da
tristezza e rimpianto.
La radio, finalmente giunta nelle piccole comunità appalachiane, soprattutto quelle più isolate, fece sì che i veri hillbillies, rimasti solidamente nelle loro modeste case di legno, scoprirono che la loro musica veniva etichettata nel resto degli Stati Uniti, proprio come Hillbilly Music.
Ciò che ignoravano
però, era che nei decenni precedenti hillbilly fosse un termine già
usato per definire i montanari grezzi, cafoni, ignoranti, iracondi e grandi
bevitori di whiskey, con intento denigratorio e discriminatorio. Bisogna
giustamente sottolineare che prima dell'avvento della radio, non erano a
conoscenza di questo feroce stereotipo. Criticati per il loro stile di vita,
ancora oggi sono in preda ai pregiudizi, diffusi soprattutto per lo scarso
interesse nei confronti del benessere e della comodità. Etimologicamente, hillbilly
deriva da “hill” (collina) e “billy-goat” (una specie di capre
della zona appalachiana), dunque “quei caproni che vivono nelle colline”.
Nel 1900 sul The New York Journal, apparve per la prima volta il clichè del
cittadino bianco libero, misero, ubriaco, senza vincoli, che spara quando gli
capita col suo fucile. In “Un tranquillo weekend di paura”, cult del 1972,
ambientato nei boschi degli Appalachi, nei pressi del fiume Cahulawassee, Mariano De Simone, nel suo saggio “La
musica country”, definisce la scena del ragazzino autistico che suona il banjo
in modo impeccabile, dal pesante contenuto razzistico, in quanto tende a
mostrare al pubblico, oltre alle conseguenze dei matrimoni tra i montanari, accusati
di essere anche incestuosi, la tensione, tramite battute squalificanti,
realmente esistente tra il cittadino moderno e quello ancorato alla vecchia
America. Hillbilly però, non ha solo una valenza dispregiativa: secondo
gli studiosi, il termine descrive anche positivamente individui indipendenti e
autosufficienti che resistono alla modernizzazione della società, anche se
economicamente depressi.
Il rapido sviluppo
dell'industria del secondo dopoguerra, che per tutto l'Ottocento non le
intaccò, cominciò a modificare il modo di vivere anche delle più ferree
comunità, con una conseguente disumanizzazione dei rapporti sociali, difficile
da accettare. Gli Appalachi si stavano trasformando: oltre alla radio,
arrivarono le ferrovie, fabbriche tessili, industrie estrattive. L'impatto
della tecnologia anche sull'ambiente circostante, incontaminato, influì sulle
canzoni, che cominciarono a denunciarne i rischi. Le canzoni di protesta furono
il mezzo ideale: il Sud-Est si sentiva sfruttato, in condizioni critiche di
miseria, sottopagato, soprattutto nelle aree orientali del Kentucky, nelle
miniere di carbone di Harlan, nelle fabbriche del North e South Carolina. Nuovi
arrangiamenti e nuove canzoni presero lentamente il posto delle antiche ballate
della tradizione.
“How can you keep on moving, unless you migrate too?
They tell you to
keep on moving, but migrate you must not do.”
(“Keep Moving”)
Le ballads del
Sud-Est, che esprimevano una determinata caratterizzazione morale ed una
enunciazione dei valori dei suoi abitanti, dovettero aspettare Jean Ritchie, “The
Mother of Folk”, nata a Viper, in Kentucky,
per tornare alla loro anima originaria.
![]() |
Jean Ritchie con il suo dulcimer appalachiano, fine anni '40 |
“Erano persone tranquille e premurose, che si tramandavano ballate, le famiglie erano numerose ed educavano rigidamente i loro figli. La nonna di Jean era stata una delle prime motrici della Chiesa Battista e da lei provenivano tutte le melodie tradizionali degli inni. Lo zio Jason era un avvocato, che ricordava le grandi ballate come Lord Barnard. Il padre di Jean insegnò a scuola, stampò un giornale, coltivò la terra e così mandò dieci dei suoi quattordici figli al college.”
Nel
1948, la giovane ragazza del Kentucky, dalla dolce voce sopranile, che soleva
cantare accompagnata solo dal suo prezioso dulcimer appalachiano, dal suono
morbido ed etereo, condivise il palco allo Spring Fever Hootenanny con Woody Guthrie,
Betty Sanders, registrò brani di popular music per le ricerche etnografiche di
Alan Lomax, collaborò con Pete Seeger e Oscar Brand, fino ad esordire
pubblicamente, nel 1952, con il suo primo album in studio “Jean Ritchie
Sings” e nel 1957 con “Songs of Her
Kentucky Mountain Family “, di cui la mia traccia preferita è “Little Cory”.
A Jean Ritchie si deve il merito di aver ridato purezza
alle canzoni che aveva imparato sin da bambina, in famiglia, mantenendo gli
elementi propri delle folk songs appalachiane della sua comunità. Ma non solo, fu anche una prolifica
cantautrice, sentì anche lei di dover esprimere i suoi ideali politici e
sociali nelle canzoni di protesta, come “Black Waters”, sugli effetti
dell'estrazione mineraria del Kentucky, e “The L&N Don't Stop HereAnymore”, sulla soppressione, negli anni '50, di una fermata del treno che
collegava Louisville a Nashville, in una piccola cittadina della regione
montagnosa, con il conseguente ritorno all'isolamento.
“For I was born and raised at the
mouth of the Hazard Holler,
Where the coal cars rolled and
rumbled past my door
But now they stand in a rusty row of
all empties
'Cause the L&N don't stop here
anymore.”
Negli anni Cinquanta, con la nascita del nuovo sound di
Nashville e con la standardizzazione della country music, impostata sulla
steel-guitar elettrica e sul ritmo dell'honky-tonk, il termine hillbilly
lentamente scomparve, lasciando il campo a “country & western”,
coniato nel 1949 dal “Billboard”. Molte ballads, invece, dell'antica
tradizione popolare degli Scotch-Irish del Sud-Est rurale, grazie anche e
soprattutto all'opera di fedele custodia di Jean Ritchie, ebbero una gloriosa
riscoperta negli anni Sessanta, con il second folk revival. Bob Dylan si
ispirò nel comporre la sua celebre ed apocalittica“A Hard Rain's A-Gonna
Fall” alla ballata scozzese “Lord Randal” (Child #12), le cui tra l'altro
prime documentazioni si trovano proprio in Italia su un broadside del
1629, con il nome de “L'Avvelenato”; mentre il capolavoro “Girl from the North
Country”, è chiaramente ispirato a “Scarborough Fair”, antica ballata anglo-scozzese,
dalla datazione incerta.
Oggi comunque, si preferisce generalmente indicare solo
con Old-Time Music la musica tradizionale degli Appalachi, frutto della
fusione, anche sociale, di: popular music anglo-scoto-irlandese, tradizione
rurale che incontrò la musica afroamericana e la dura realtà urbana
dell'America industrializzata.
Se volete farvi cullare dal sound appalachiano e tornare
indietro nel tempo, respirare l'atmosfera pura e genuina che permea ogni brano,
oltre ai bellissimi album di Jean Ritchie, non posso che consigliarvi l'ascolto
di “Songs from the mountain”, di Dirk Powell, Tim O'Brien e John
Hermann, con le più famose mountain songs magnificamente riarrangiate ed
eseguite.
Mi sembra doveroso concludere con un mio particolare omaggio
a John Prine, celebre cantautore country folk originario del Kentucky,
attivista per la preservazione del prezioso territorio ambientale degli
Appalachi, recentemente scomparso a causa del Covid, condividendo con voi
alcune strofe di “Paradise”, contenuta nel suo primo LP del 1971, per
l'Atlantic Records. La canzone, scritta per suo padre, tratta dell'impatto
devastante dell'estrazione di carbone per le miniere, per cui gli strati
superiori del suolo vengono fatti esplodere, danneggiando irrimediabilmente il
loro “Paradiso”.
“When I was a child my family would
travel
Down to Western Kentucky where my
parents were born
And there's a backwards old town
that's often remembered
So many times that my memories are
worn.
And daddy won't you take me back to
Muhlenberg County
Down by the Green River where
Paradise lay
Well, I'm sorry my son, but you're
too late in asking
Mister Peabody's coal train has
hauled it away”
Marta D'Ambrosio

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