Le Regine degli Scacchi siamo noi

Questa settimana si è celebrata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. 
Credo sia superfluo spiegare l'ìmportanza (e la labilità, ahimé) di una ricorrenza di questo tipo, c'è solo da augurarsi che le cose cambino, e anche tanto.

Ho pensato che un buon modo per celebrare l'importanza del ruolo della donna nella società, sia quello di parlare della produzione Netflix "La Regina degli Scacchi" (The Queen's Gambit).



La serie esplora la vita di una bambina prodigio degli scacchi, orfana, di nome Beth Harmon, seguendo le sue vicissitudini dall'età di otto ai ventidue anni (da metà degli anni '50 a tutti gli anni '60), mentre lotta contro la dipendenza da alcol e psicofarmaci nel tentativo di diventare "grande maestro di scacchi".

La serie tv La Regina degli Scacchi è una storia di formazione. Parla di scacchi (avvincenti come raramente sono apparsi ai miei occhi - e a me piacciono i giochi da tavola), di competizione, di una giovane donna che cresce e trova il suo posto nel mondo, nonostante le premesse non fossero le migliori. Di speranza e riscatto.

La serie mette sul tavolo, tra gli altri, anche il tema dell'uguaglianza tra i sessi, cosa che ho scoperto non essere affatto comune nel mondo (degli scacchi). 
"Negli stessi anni ’60 in cui è ambientata la serie, ad esempio, Bobby Fischer (bambino prodigio a cui si ispira la figura della protagonista della serie Beth Harmond ndr) si permetteva dichiarazioni come: «Tutte le donne sono scarse. Sono deboli, paragonate agli uomini. Non dovrebbero giocare a scacchi, sono come principianti». [...] Nigel Short, Grande Maestro inglese, nel 2015 sollevò un vespaio quando suggerì alle donne di «accettare con grazia il fatto di possedere abilità diverse dagli uomini. Non hanno un cervello adatto agli scacchi. Io non ho alcun problema ad ammettere che mia moglie ha un’intelligenza emotiva superiore alla mia, e lei non s’imbarazza nel chiedermi di spostare l’auto dal garage». Quando poi Judit Polgár, probabilmente la migliore giocatrice donna di sempre, batté proprio Nigel Short, Amanda Ross, direttrice di un chess club londinese, commentò in diretta televisiva: «Polgár deve aver portato il suo cervello da uomo, oggi»." (cliccare qui per leggere tutto l'interessante articolo dell'Oltreuomo).

Bene, io voglio pensare ad un mondo in cui un Bobby Fischer del 2020 possa convivere pacificamente con una Beth Harmond, e da lei farsi battere e batterla, divertendosi e mettendo in atto le dinamiche di gioco che sono anche le stesse dell'amore.

Volemose bene e rispettiamoci, indipendentemente da quale sia il nostro sesso di appartenenza.

Federica Farassini


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