L'isola delle Rose: un film e una storia vera.
L’utopia non è destinata a noi, scriveva Tommaso Moro, eppure certe imprese impossibili è bene ricordarle. Soprattutto quando difficilmente le troviamo nei libri di storia. Quindi un grazie a Sydney Sibilia per aver raccontato “l’unica guerra vinta dall’Italia” come dichiarò l’ingegner Giorgio Rosa il giorno dell’esplosione della sua isola.
“L’incredibile storia de l’isola delle rose”, film del momento di Netflix, racconta infatti in maniera romanzata l’impresa di un ingegnere bolognese che fondò il 1 maggio del 1968 - dopo 4 anni di lavorazione - la Repubblica Esperandista dell’Isola delle Rose. L’isola, una piattaforma di 400 metri quadrati oltre il confine dello stato italiano, a 11km da Rimini, è stata auto proclamato dallo stesso Rosa uno Stato indipendente. La Repubblica aveva infatti un proprio Governo presieduto dalla moglie di Rosa, proprie valute e francobolli, un hotel, un bar, un ufficio postale e un inno. Novella 2000 descrisse la piattaforma come un luogo di perdizione e sede di un night club. In realtà l’isola era abitata solamente da alcuni operai, due guardiani e dal “Governo” e più che feste, lo stesso Rosa in una delle ultime interviste fatte (morì nel 2017) ricorda di aver fatto grandi mangiate. Ad ogni modo la popolarità di questa costruzione insospettì subito le autorità italiane. Le forze di polizia occuparono la piattaforma solo dopo 55 giorni dalla sua fondazione per poi farla esplodere a febbraio del 1969.
Il film (tratto dal libro di Walter Veltroni “L’isola e le rose”) si discosta dai fatti veri, chiamando in causa addirittura il transatlantico Andrea Doria, ma restituisce ugualmente uno spaccato emozionante di questa storia straordinaria. Il film di Sibilia piace e convince perché racconta gli anni ’60 con quella leggerezza che ricorda Sapore di sale e una colonna sonora evocativa. Elio Germano ben interpreta le motivazioni di questa impresa, legate più a una eccessiva genialità imprenditoriale che a un animo sovversivo. La raffigurazione un po’ grottesca della classe politica italiana e la presenza solo nello sfondo della vera drammaticità della Guerra Fredda e delle rivolte del ’68 rendono il film godibile.
Prova che anche questa volta, l’ossessione di Sibilia per i “geni” (o nerd) dopo la trilogia di Smetto Quando Voglio ha portato bei frutti al cinema italiano.
Marta Leggio
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