Francesco Taskayali: pianista e compositore

In un suo post si legge: Amici romani mi sono trasferito in vicolo del Fico per due mesi, se passate di qua scrivetemi che apro la finestra e vi suono un pezzo”.


Classe 1991, romano, Francesco Taskayali è un pianista e compositore di talento che mi ha rapita raccontando di quella volta in cui ha organizzato un concerto mettendo un pianoforte in mezzo al lago del Circeo. Qualche testimone ha confermato di aver assistito al concerto seduto al proprio posto in canoa. 
 
Un prodigio fin dalle sue prime composizioni che risalgono all’età di 13 anni, ha fatto del pianoforte lo strumento su cui compone la sua vita. Impegnato in attività di volontariato nel tempo che non trascorre sui tasti, Francesco porta la sua musica in tutto il mondo definendo la sua anima “mediterranea” e il cuore “cosmopolita”. Sono svariati i racconti originali in cui mi regala l’immagine di sé che suona in stazione o in barca, disinteressato al livello di cultura musicale della platea e generoso nel condividere la sua arte con tutti coloro che hanno la sensibilità di apprezzarla. Il suo spiccato altruismo gli ha impedito di negarmi quest’intervista per lesmademoiselles.it

 

Caro Francesco, 

prima di tutto ti chiedo: quale tuo brano ci suggeriresti come colonna sonora per la lettura dell’intervista che segue? 

Cara Laura, ti direi l’ultima interpretazione che ho pubblicato di Lucio Dalla, Caruso. Perché Dalla sapeva fare da colonna sonora ai pensieri.


 


Ho anticipato il racconto del concerto che più mi ha affascinata, ci dici come sei riuscito a mettere un pianoforte a coda in mezzo a un lago? 
L'idea è nata andando in canoa sul lago di Paola. Lo dissi per scherzare: "mettiamo un pianoforte nel lago". C’era però un matto che mi prese sul serio, Saverio, il barcaiolo del Lago. Così andammo a prendere il mio pianoforte a muro a Latina e lo mettemmo su una pedana improvvisata. Un gommone lo tirò in mezzo al lago e iniziai a suonare. Era meraviglioso perché il suono si propagava a centinaia di metri fino alle ville sull’argine. La gente inizio ad affacciarsi e da lontano vedevo braccia muoversi. Allora ci dicemmo perché non farlo in grande. Fu li che grazie ai proprietari del lago mi trasferì per qualche tempo in una casa rimessa sulla sponda. In circa un mese abbiamo costruito la pedana, affittato un pianoforte a coda e il resto è nel video. Non ci aspettavamo più di 1000 persone, e invece. Suonare in mezzo ad un lago ti dona una pace indescrivibile, non senti nulla, il piano si muove con le onde come nella scena del pianista sull’oceano, la tastiera si spostava sotto gli occhi, è stato un sogno.


Quando hai capito che la musica sarebbe diventata il tuo lavoro e hai deciso di investire te stesso in questo progetto di vita? C’è stato un episodio in particolare o è una consapevolezza maturata nel tempo?
Domanda difficile. Perché una passione non diventa mai un lavoro. Ho capito che era qualcosa che coinvolgeva altre persone forse al mio primo concerto in Sicilia a 18 anni. Mi chiamavano gratis (ci tengo a sottolinearlo, anche se alla fine mi diedero 50 euro) però mi pagarono volo/vitto/alloggio e mi ritrovai a suonare a un concorso di bellezza a Marina di Riposto. Fu per un certo senso trash, ma all’epoca non ero in grado di capirlo, io ero solo felice di essere lì a suonare qualcosa che mi accompagnava già da bambino. 


C’è un’esperienza lavorativa di cui puoi parlare che ti ha messo maggiormente alla prova? Le idee ti vengono casualmente oppure c’è qualcosa di preciso che fai per comporre?
Che sono pazzo lo sai già. Che mi lancio in situazioni senza averne credito pure. Partecipai a una call per suonare con l’orchestra Simon Bolivar del Venezuela che all’epoca era sotto il controllo di Hugo Chavez. Il problema era solo uno, non avevo mai suonato con un’orchestra, ne sapevo come seguire un direttore d’orchestra. Alla fine mi scelsero e cercai di imparare a orecchio come eseguire i 3 brani che portavo, uno dei quali era Primavera di Einaudi. Prima di salire sul palco di fronte ad almeno 1000 persone, guardai il direttore e gli confessai che non sapevo nemmeno se il tempo lo batteva in su o in giù con la bacchetta. Gli vennero due occhi di stupore e scoppiò a ridere. Mi disse tranquillo, tu suona io ti seguo. E infatti nel video si vede il direttore d’orchestra che si gira e io che gli do il gesto d’inizio. Poi andai molto veloce tanto che Einaudi quando ci incontrammo me lo rinfacciò un po (amorevolmente), è simpatico pure lui.

Nonostante la tua giovane età sei ricco di esperienze e ne colori i racconti con la tua originalità. Confermo che non si può pranzare con te senza stupirsi di qualche episodio di vita travolgente. C’è un brano che hai composto in cui (più degli altri) ti riconosci particolarmente?
Una volta ad un firmacopie a Palermo venne un critico musicale e mi disse, voi pianisti (compositori) siete fortunati perché potete dire tutto quello che volete con quelle note e nessuno può capirvi. Ed è proprio così, la parte più bella è proprio scavare nei sentimenti senza dover spiegare a nessuno quanto sei sceso nei ricordi. In una di queste occasioni ero al piano cercando di finire il 5 album (wayfaring) e la memoria era finita su Emel, una ragazza turca che non vedevo da anni. Mi colse un senso di abbandono, di tristezza, per quelle cose mai realizzate, per quei treni che non hai preso, per le occasioni sfumate. Iniziai a suonare e ne usci proprio una bella melodia. La notte completai il pezzo e il giorno dopo acquistai un biglietto per Istanbul. Ritrovai Emel ed un pianoforte a piazza Taksim. In quella settimana ad Istanbul scrissi ben 3 pezzi, Emel, Taksim e 3am proprio grazie a lei. Resterà per sempre nella musica e nei pensieri perché dopo quel giorno non ci siamo mai più rivisti.


Mi hai raccontato che presto ti trasferirai un periodo a Ventotene per comporre, ci dici qualcosa di più su questo nuovo progetto? Com’è nato?
Sono un amante delle residenze artistiche. Penso che prima bisogna vivere sulla propria pelle, gioendo e soffrendo. Poi sedersi al piano e raccontare. E proprio al comune di Ventotene ho chiesto una residenza artistica. Con grande sorpresa il sindaco ha deciso di lasciarmi proprio la sua casa. Quindi per un mese sarò li dove è stato scritto il manifesto di Ventotene. L’isola è una metafora ed è anche un luogo, per stare in pace con i propri pensieri, lontani da una civiltà che corre imbestialita, per fermarsi, godere del tempo e suonare come se fosse l’ultima cosa che fai.

Tu hai un’anima divisa a metà tra Italia e Turchia. Ci racconti il tuo aneddoto più bello su Istanbul e ci consigli una cosa che assolutamente non dovremmo perdere?
Istanbul è una città dai mille volti. A Cihangir ero il vicino di casa del premio nobel Orhan Pamuk, lo vedevo scrivere la notte nella finestra di fronte (che poi è di Ozptek il film, altro personaggio che si aggirava per Cihangir). Solo il Bosforo, con queste navi che passano da ogni parte del mondo è un’immagine che non mi toglierò mai dalla testa. E poi tutta l’infanzia, i primi ricordi sono tutti li ad Istanbul. Questo è un dramma, perché sono lontani da me. Vivrò per sempre questo distacco dalla città della mia infanzia, mi sento infatti un po’ nomade. Vivete Istanbul con i suoi residenti, sono i più ospitali d’Europa, lasciate perdere tour operator e percorsi obbligati. Istanbul è nei mille volti di mille culture che si scontrano, si mischiano, e alla fine vanno a mangiare insieme, Armeni, Curdi, Turchi, francesi, italiani di generazione (i levantini di Istanbul), e una comunità internazionale immensa. È l’unica città del mondo dove ho visto vincere l’umanità, difatti la sua metafora più bella è proprio il ponte che ogni giorno, ogni ora, ogni secondo, connette l’Asia all’Europa. Quel ponte è la dimostrazione che non abbiamo bisogno di muri.




Caro Francesco, grazie per il tuo tempo e aspettiamo il prossimo concerto per venire ad ascoltarti e applaudirti, speriamo, in qualche altro posto stravagante e fantastico. 
 
Contatti: sito internet www.francescotaskayali.com
Instagram @francescotaskayali

 

 

 

 

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